Riflessioni sul lavoro

Ahh, com’è bello assaporare un giorno di meritato riposo. Queste ultime due settimane sono stata una trottolina e non ho nemmeno avuto il tempo per curarmi la mia laringite-tracheite-faringite-angina (grazie doctor, bastava dire che ho la gola infiammata! Wink).

Lavorare richiede sempre molte energie, qualsiasi lavoro si faccia.  Per mantenermi gli studi ho fatto di tutto e di più, dalla semplice cameriera alla lavapiatti, passando dal controllo biglietti al cinema alla commessa in un negozio di abbigliamento, ecc.

I lavori a stretto contatto con la gente richiedono una marcia in più: per esempio la pazienza, tanta pazienza. Perché c’è il cliente frettoloso, che vuole tutto e subito, o quello pedante, che deve sempre criticare; il cliente che cerca un orecchio a cui parlare, che lo ascolti oppure no; il cliente brontolone, che ha sempre la sua da dire. E poi ci siamo noi, con le nostre lune e i nostri pensieri. È proprio questo il bello dell’umanità: pur essendo sempre noi stessi, ogni giorno siamo diversi dal precedente, e interagiamo con un mondo e una società apparentemente uguali, ma sostanzialmente popolati da persone in costante mutazione. Ecco perché una mattina il brontolone non ci infastidisce, mentre l’altra sì. Dipende da noi, dal nostro umore.

Lavorare a stretto contatto con gli adolescenti è ancora un altro paio di maniche. La pazienza dev’essere una necessità, altrimenti tanto vale starsene a casa. Ma fondamentale è avere la batteria di riserva, la tanica di benzina nel baule. Insomma, una dose extra di energia a disposizione. I ragazzi richiedono tutta la nostra attenzione e, non paghi di questo, assorbono la nostra energia come spugne in una pozza. Quando torno a casa alla sera sono stravolta e l’ultima cosa che mi è concessa fare, è sdraiarmi sul divano. Se lo faccio, è finita, crollo in un sonno ristoratore che mi mangia le ultime ore della serata. Il risveglio è drammatico, c’è la cena da preparare, i compiti da correggere, alcune lezioni da (ri)programmare… Finché si è in balìa del vortice che ci ha risucchiati a scuola, beh, meglio continuare a lavorare. E poi godersi il meritato riposo. E il silenzio.

Io adoro i miei allievi. Nonostante ci siano giorni in cui mi verrebbe voglia di strozzarli. Quest’anno ho a che fare con ragazzi di 2a e 4a media… il lavoro più duro, quello che però è anche il più appagante, è quello di preparare i quindicenni alla vita fuori dalla scuola. Queste simpatiche canaglie pretendono di essere trattati da adulti. Ok, però devi dimostrarmi di sapere e capire cosa significa “essere adulti”. Per l’80% di loro un adulto è un insieme di “parolacce-fumo-sesso-alcool-potere decisionale”. Sinceramente è alquanto deprimente. Perché è l’immagine che diamo loro fin da piccoli, o meglio quello che loro captano. Quando però si inizia a parlare di responsabilità, questi passerotti che vogliono lasciare il nido nonostante non tutte le piume siano diventate penne, ti guardano come se stessi parlando una lingua sconosciuta. Non è facile, ma con calma e perseveranza cerco di far capire loro come l'”essere adulto” sia uno status più complesso di quello che immaginano. È bello vederli maturare nel corso dell’anno scolastico, vedere che si va oltre la semplice lezione. Però che fatica!!

Lalla